Esiste un detto che recita: “se ascolto o leggo dimentico, se vedo capisco, se faccio imparo”. Il detto indica la possibilità di un apprendimento, meno efficace, veicolato dalla percezione (ascoltare, vedere) e di un apprendimento, più efficace, veicolato dall’azione. Un primo senso dell’apprendere dal fare potrebbe essere quindi il seguente: vi è un apprendimento che avviene recependo (informazioni, istruzioni ecc.) attraverso i canali sensoriali e un apprendimento che avviene impegnandosi in operazioni motorie. In questo senso l’apprendere dal fare potrebbe allora essere inteso come un imparare che richiede al discente di attivarsi, provare, avanzare ipotesi, criticare, discutere ecc., in contrapposizione a un imparare in cui si tratta essenzialmente di ricevere, ritenere, immagazzinare ecc. Si può essere attivi anche riflettendo su ciò che si è ascoltato, confrontando due concetti, chiedendosi se un’informazione è attendibile, muovendo un’obiezione a un’idea ecc. (quindi compiendo operazioni solo mentali, non fisiche).
È in questo contesto che si pone il nostro argomento: può servire il computer per una didattica finalizzata? cercherò qui di seguito di affrontare alcuni presupposti teorici alla domanda.
Perché il computer può potenziare la metacognizione? Si può ipotizzare che il computer inviti lo studente a porsi domande e prendere decisioni e aiuti la pianificazione. Quando l’uso non è ancora pienamente padroneggiato, il computer richiede che ciascuna decisione venga esplicitata: occorre decidere dove puntare il cursore, quali operazioni compiere e come compierle, ricordare le procedure fondamentali. In questo modo si viene a concretizzare il passaggio fondamentale dall’intenzionalità all’azione. Poiché il computer non fa nulla che non gli venga detto di fare, diventa più facile aiutare gli studenti ad esplicitare la componente di controllo nel funzionamento cognitivo, il passaggio: “ciò che voglio fare” “come lo devo fare”.
Il computer può amplificare la metacognizione anche grazie alla possibilità che esso offre di registrare le azioni su di esso compiute dal soggetto e, quindi, di restituire al soggetto stesso un resoconto di quanto da lui compiuto. Il computer può cioè offrire allo studente un feedback “dall’interno” relativamente alle operazioni - fisiche e concettuali - da lui esercitate, permettendo così di verificare retroattivamente il percorso mentale seguito. E questo ritorno è estremamente importante affinché il soggetto acquisisca consapevolezza dei propri meccanismi mentali e sappia quindi controllare le proprie strategie di apprendimento.
Acquisendo una competenza di questo genere lo studente ha l’opportunità di imparare non soltanto conoscenze disciplinari, ma anche più generali abilità di pensiero che può applicare ad altri contesti, con ciò favorendo la flessibilità e il trasferimento degli apprendimenti.
Questo tipo di consapevolezza può essere stimolata, per esempio, invitando lo studente alla ricostruzione dei processi di pensiero attivati mentre usa il computer. Particolari accorgimenti, come per esempio l’invitare a pensare ad alta voce mentre si usa il computer, possono potenziare la metacognizione aiutando gli studenti a diventare consapevoli dei meccanismi cognitivi attivati durante l’uso del software, inducendoli a pianificare la propria interazione con il computer e generalizzare i propri apprendimenti, invitandoli a identificare le capacità implicate nell’uso del software.
Il lavoro sulla consapevolezza del proprio operato e dei processi mentali implicati chiama in gioco gli insegnanti quanto gli studenti: per i primi si tratta di organizzare delle occasioni di riflessione nelle attività proposte, per i secondi si tratta di compiere una riflessione metacognitiva sul lavoro svolto.
Ritengo che il computer consenta di fare scuola in modo diverso perchè:
Questo grazie alle sue capacità estrinseche quali la velocità di esecuzione, la riduzione del carico mentale, gli scambi comunicativi, il rafforzamento della motivazione, …, ma soprattutto a quelle intrinseche, ovvero
1. L’ipertestualità è la caratteristica di un oggetto “mediale” costituito da parti (nessi o nodi), collegate fra loro che offre pluridirezionalità di lettura: da lineare e sequenziale a reticolare e consente l’interdisciplinarietà.
L’ipertestualità offre dei vantaggi ravvisabili in percorsi variabili e strutturabili, in una maggiore attività e creatività da parte dell’utente, in una personalizzazione dell’apprendimento.
Comporta però anche degli svantaggi, ovvero un’eccessiva libertà di movimento (con il rischio di dispersività) e un eccessivo carico cognitivo e percettivo.
2. La multimedialità è l’unione ben coordinata di tutte le tecniche d’informazione digitali ed elettroniche, il formato multiplo che sfrutta le potenzialità tecnologiche di file audio e video, d’immagini statiche e in movimento, unite e sincronizzate in interazione con testi.
I vantaggi della multimedialità sono l’accesso plurimo all’informazione, la motivazione e interattività, l’approfondimento delle conoscenze, la ricerca mirata.
Gli svantaggi sono rappresentati dall’overloading d’informazione, la passività dello studente, le interferenze e sovrapposizioni, il disorientamento.
3. L’interattività è la possibilità di un oggetto “mediale” di cambiare manifestazione (tipo di fruitore, tempo di consultazione, reazione del fruitore, …), di costruire dei percorsi propri di fruizione, di attivare un apprendere avente come nucleo centrale l’azione, di avviare un’attività reciproca e simultanea di due o più attori che perseguono un certo obiettivo.
I vantaggi dell’interattività sono da ravvisarsi in uno scambio di conoscenze e di modalità di apprendimento e nel valore aggiunto della collaborazione nell’elaborazione e nella produzione.
Gli svantaggi sono costituiti dalla predominanza dell’azione sul pensiero e dal raggiungimento di competenze specifiche a scapito di abilità cognitive.
4. La trasformabilità è la caratteristica dell’oggetto “mediale” che consente di simulare situazioni, cambiando punto di vista, che offre la possibilità di cercare soluzioni anziché risoluzioni e la flessibilità dei prodotti e delle procedure dell’elaborazione mentale.
I rischi della trasformabilità sono la confusione tra realtà e virtualità, l’illusione di onnipotenza, la massificazione e semplificazione schematica della realtà.
Antonietti A., Psicologia dell’apprendimento. Processi, strategie e ambienti cognitivi, Brescia, 1998, La Scuola.
Antonietti A., Il computer per imparare. Strumenti, giochi, documenti, riflessioni, Milano, 2003, I.S.U. Università Cattolica.
Antonietti A., Fabio Rosa A., Guarnieri A., I media culturali e i giovani. Profili d’uso, Roma, 2005, Carocci.
Antonietti A., Cantoia M., Imparare con il computer. Come costruire contesti di apprendimento per il software, Trento, 2001, Erickson.
Antonietti A., Cantoia M., La mente che impara. Percorsi meta cognitivi di apprendimento, Firenze, 2000, La Nuova Italia.
Antonietti A., Il computer come estensione della mente, in “Informatica & Scuola”, n° 1/2003.
Antonietti A., Il computer come collettività di intelligenze, in “Informatica & Scuola”, n° 3/2003.
Carletti A., Varani A. (a cura di), Ambienti di apprendimento e nuove tecnologie. Nuove applicazioni della didattica costruttivista nella scuola, Trento, 2007, Erickson.
De Kerchove D., Eccoci nell’era delle psicotecnologie, intervista nel sito RAI Mediamente, www.mediamente.rai.it.
Rivoltella P. C., Media Education. Fondamenti didattici e prospettive di ricerca, Brescia, 2005, La Scuola.