torna articoli

 

IL FENOMENO DELLA DISPERSIONE

 

 

 

Il problema della dispersione scolastica, più in generale del disagio che gli studenti provano a scuola ha fatto scrivere centinaia di libri, soprattutto in Europa e nel Nord America, a decorrere dagli anni ’70, quando si individuava nella scuola un presunto strumento di trasmissione delle distinzioni di classe sociale. Anche in Italia hanno preso avvio su questo tema svariati progetti, ricerche, indagini parlamentari ecc. Vale la pena allora aggiungere un altro articolo ai già numerosi, anche di alto livello? Forse sì, per presentare il punto della situazione ai meno esperti e per riferire alcune considerazioni sorte in margine al Progetto Azioni e formazione per la prevenzione della dispersione scolastica del Consorzio Scholè(1), finanziato con il FSE cui l’autore della presente nota ha partecipato per conto dell’UCIIM – Associazione Professionale di Dirigenti Docenti e formatori della Scuola e della F. P.

 

Che cosa si intende per dispersione scolastica?

 

Nonostante le numerose ricerche sull’argomento non è facile darne una definizione, soprattutto non è facile quantificare il fenomeno per la numerosità delle variabili che entrano in gioco, per i dati difficilmente comparabili a causa della disomogeneità dei contesti scolastici; in Italia poi le indagini forniscono informazioni in merito alle bocciature, ai ritardi, agli abbandoni in genere, ma non consentono di verificare se si tratta di uscite definitive dal mondo della scuola. Le definizioni in effetti sono generiche, si va da quella dell’UNESCO (1972) che parla di “tutti i fenomeni che comportano sia un rallentamento, sia l’interruzione del percorso formale di studio” (in Morgagni E., 1998) a E. Besozzi (1992) che fornisce questa definizione: “insieme di bocciature, ripetenze e abbandoni, risultato del processo di selezione scolastica che si applica nei diversi livelli di scolarizzazione”. Seguendo queste espressioni possiamo considerare come dispersione qualsiasi ostacolo alla carriera scolastica e non solo il drop-out, la mortalità scolastica; al contrario, secondo P. Tuè (2004), bisogna invece “distinguere fenomeni differenti”, altrimenti si rischierebbe di non cogliere le differenze fra le situazioni di un bocciato, di un ripetente, di uno che abbandona la scuola, … In questo senso anche E. Besozzi (2002) indica la riuscita scolastica come un processo dallo status di origine, dalle motivazioni, dall’impegno, dalle aspettative attraverso il clima scolastico, il sostegno nell’apprendimento verso l’immagine del proprio futuro scolastico e lavorativo.

 

Il cammino verso la risoluzione del problema

 

La dispersione diventa un problema da affrontare a partire dagli anni ’80. Infatti è dal 1984 la ricerca del CENSIS Aree prioritarie nell’istruzione: linee di analisi e di intervento, commissionata dal Ministero della P. I. cui fa seguito nell’a. s. 1988/89 un Piano nazionale di interventi costituito da 34 progetti pilota nelle aree a rischio. Nel 1990 il CENSIS pubblica l’Analisi della dispersione scolastica in Italia in aree di rischio e disagio educativo. La ricerca pone in rapporto la dispersione con la condizione socio-culturale della famiglia, con l’attività di insegnamento e le strutture scolastiche, con le dinamiche psicologiche degli studenti, con l’estraneità del mondo della scuola rispetto alla realtà extrascolastica. È del 1989 la risoluzione del consiglio dei Ministri dell’Unione Europea che afferma che “l’insuccesso scolastico costituisce un fenomeno grave sul piano individuale e collettivo che è causa di insuccesso individuale sul piano psicologico e sociale e comporta per gli Stati e per la Comunità un costo scolastico rilevante”. La Circolare Ministeriale 257 del 9/8/1994, Linee guida per la prevenzione e il recupero della dispersione scolastica, nell’estendere su tutto il territorio nazionale i progetti pilota del Piano nazionale dell’88, auspica l’integrazione delle agenzie operanti nel settore: scuole, ASL, comuni, distretti scolastici, associazioni. La legge 496/1994 istituisce gli osservatori provinciali e nazionale già previsti nella citata circolare ministeriale con compiti di monitoraggio, di formulazione di programmi di intervento, di progetti innovativi finalizzati al successo formativo. Nel 1998 la VII Commissione della Camera dei Deputati costituisce un comitato d’indagine e approva il documento Indagine conoscitiva sul problema della dispersione scolastica (2000) che presenta alcune considerazioni ancora attuali nel momento in cui vengono indicate le cause della dispersione che per gli estensori sono queste:

1. la combinazione sottosviluppo (povertà) + degrado ambientale urbano (metropolitano) che sembra essere la causa che produce la maggiore spinta ad uscire dal sistema formativo; il punto più debole del sistema è individuabile nei quartieri emarginati e poveri delle metropoli del Meridione;

2. il grado di sviluppo socio-economico delle aree interessate (la possibilità di reddito, la disponibilità di infrastrutture, l’assenza di impellenze o bisogni economici);

3. le culture familiari: in questa “direzione vanno i dati richiamati dal rappresentante dell’ISFOL, che suggeriscono, ai fini della dispersione, un’importanza del titolo di studio dei genitori maggiore del reddito familiare”. In questo senso nell’ultimo decennio si sono manifestate “forme qualitativamente nuove di abbandono, come quelle sperimentate in alcune zone più ricche del Paese (il Nord-Est soprattutto)” smentendo la teoria consolidata che la dispersione fosse figlia esclusiva di povertà e di emarginazione dallo sviluppo. Qui però non si configura come evasione dall’obbligo, quasi inesistente, ma “avviene invece nelle scuole superiori, esprimendo quindi una tipologia di crescita economica. (…) Le aree alle quali ci riferiamo sono totalmente all’interno di processi di trasformazione del Paese (da cui un’evasione tendente a zero); ma hanno elaborato una cultura del lavoro che non di rado respinge l’idea dell’utilità del titolo di studio superiore per affermarsi nella vita lavorativa. (…) Diverso è il caso del Trentino, dove l’uscita anticipata dal sistema scolastico pare correlabile anche con il funzionamento di un efficace (e credibile) canale di formazione professionale regionale”;

4. i grandi orientamenti culturali dominanti, che in passato assegnavano valore all’istruzione, oggi solamente al denaro; l’indagine parla di vere forme di “povertà immateriale”;

5. il rapporto scuola-famiglia che vede queste ultime sempre più lontane ed estranee;

6. percorsi didattici troppo rigidi rispetto agli interessi e agli stimoli più spontanei dei ragazzi;

7. discontinuità tra scuola elementare e media, instabilità degli insegnanti;

8. ragazzi più deboli sotto il profilo delle capacità di auto-difesa di fronte a gruppi di minori o no, interni o esterni alla scuola, che inculcano “valori di banda” estranei alle motivazioni scolastiche.

Nel 2002 viene pubblicata a cura del MIUR l’Indagine campionaria sulla dispersione scolastica nelle scuole statali elementari, medie e secondarie superiori relative all’a. s. 2001/2002. Essa esamina il fenomeno degli alunni non valutati in sede di scrutinio finale o ritirati in corso d’anno senza fornire alcuna motivazione, fra i quali possono essere inclusi gran parte di coloro che abbandonano la scuola. Sono i dati disponibili più recenti(2) e si limitano a registrare il fenomeno dell’evasione (nella scuola dell’obbligo) e dell’abbandono (nella scuola superiore), quindi non in grado di radiografare il fenomeno della dispersione.

Nella scuola superiore statale gli studenti non valutati al termine dei primi quattro anni sono stati pari nel 2001/02 al 4,62% contro il 4,54% del 2000/01 così ripartiti: licei classici 2,31% (contro l’1,84%  dell’anno precedente), licei scientifici l’1,84% (contro il 2,15%), istituti magistrali 3,18% (contro il 3,05%), istituti tecnici 4,61% (contro il 4,19%), istituti professionali 8,93% (contro l’8,71%), istituti d’arte 6,49% (contro il 5,97%), licei artistici 5,32% (contro il 4,57%).

Secondo la ripartizione geografica registriamo il 4,35% al Nord (4,09% nell’anno precedente, il 3,42% al Centro (3,66%), il 4,64% al Sud (4,97%) e il 7,14% nelle Isole (6,38%). L’aumento degli studenti non valutati si riscontra in tutti i tipi di istruzione eccetto che nei licei scientifici, colpisce maggiormente gli istituti professionali e gli istituti d’arte. (cfr. tab. 1).

 

Tab. 1 - Alunni NON VALUTATI agli scrutini finali per tipo di scuola (Valori percentuali sugli iscritti)

 

Fonte M.I.U.R.-S.A.I.I.T.-UFFICIO STATISTICA-Ufficio 7°

 

“La considerazione più significativa in rapporto a questi dati è relativa alla disomogeneità territoriale, per cui, con l’eccezione dei valori delle Isole che rappresentano il contesto di maggiore gravità del fenomeno, si può affermare che il tradizionale scarto tra area del Nord Italia e del Sud Italia è praticamente colmato. In particolare questo dato è osservabile in rapporto al tasso di ripetenza nella secondaria di II grado, del quale sottolineiamo il valore alto della Lombardia (minore soltanto alle Isole e al Friuli Venezia Giulia) in rapporto alla media delle regioni, e superiore anche al dato nazionale”. (Barone P., La dispersione scolastica in Lombardia. elementi di analisi e misura del fenomeno, Consorzio Scholè, 2003).

Tutto questo per quanto riguarda gli abbandoni; ma sarebbe interessante considerare il grado di selezione scolastica (bocciature, ripetenze), sempre nelle scuole superiori. I dati disponibili risalgono all’a. s. 1998/99 (Min. P. I., La dispersione scolastica: una lente sulla scuola, giugno 2000). Per gli alunni ripetenti abbiamo un dato nazionale del 2,01% per le scuole elementari, dell’11,69% per la scuola media e del 23,48% per le scuole superiori; riportiamo in tabella i dati disaggregati per regione (cfr. tab. 2).

 

Tab. 2 - Alunni RIPETENTI PER REGIONE

(Valori percentuali sugli iscritti) Anno scolastico 1998-99

 

Regioni

Scuole elementari

Scuole sec. I grado

Scuole sec. II grado

 

 

 

 

PIEMONTE

0.36

4.16

7.44

LOMBARDIA

0.26

3.16

7.83

VENETO

0.20

3.64

6.56

FRIULI-VENEZIA GIULIA

0.33

4.34

8.60

LIGURIA

0.16

3.32

7.81

EMILIA ROMAGNA

0.17

2.42

5.38

TOSCANA

0.22

3.60

8.33

UMBRIA

0.10

1.97

5.17

MARCHE

0.17

2.79

5.50

LAZIO

0.30

4.52

7.68

ABRUZZO

0.18

4.17

7.80

MOLISE

0.17

3.57

6.77

CAMPANIA

0.40

4.42

7.27

PUGLIA

0.14

4.00

6.20

BASIFICATA

0.16

3.66

4.81

CALABRIA

0.40

4.02

4.83

SICILIA

0.85

6.73

8.73

SARDEGNA

0.54

10.17

14.00

 

 

 

 

ITALIA

0.34

4.34

7.29

Fonte sistema informativo del M.P.I.

 

Interessante infine citare anche le differenze tra i maschi e femmine in quanto l’incidenza delle bocciature, delle ripetenze e dei ritardi dei primi è prossima al doppio del valore espresso dalle femmine; riportiamo quale esemplificazione il dato (cfr. tab. 3).

 

Tab. 3 - Alunni RESPINTI, RIPETENTI E IN RITARDO PER SESSO

Anno scolastico 1998-99

 

 

Alunni respinti per 100 scrutinati nell’a. s. precedente

Alunni ripetenti per 100 frequentanti

Alunni in ritardo per 100 frequentanti

 

 

 

 

Maschi

0.80

0.42

2.44

Femmine

0.38

0.25

1.55

Tot. sc. elementare

0.60

0.34

2.01

 

 

 

 

Maschi

7.36

5.84

15.20

Femmine

3.36

2.64

7.77

Tot. scuola media

5.46

4.34

11.69

 

 

 

 

Maschi

22.13

9.35

28.55

Femmine

11.26

5.06

18.25

Tot. scuola II grado

17.08

7.29

23.48

Fonte sistema informativo del M.P.I.

 

Il ruolo delle associazioni professionali dei docenti

 

Il primo problema da affrontarsi è il ruolo dell’insegnante, sicuramente dal punto di vista normativo per assicuragli stabilità materiale e psicologica e per assicurare alla classe che non cambino docenti ogni anno, ma soprattutto dal punto di vista della motivazione. La prima ad essere dispersa è proprio la figura dell’insegnante, alla ricerca di una via d’uscita dalla scuola, magari costituita dalla pensione. Per combattere la dispersione, si diceva sopra, bisogna motivare gli studenti, ma il punto di partenza consiste nel motivare gli insegnanti; afferma A. M. Mariani (2005) in Nuova Secondaria: “È come se lo studente mi chiedesse «Motivami» e l’insegnante rispondesse «Motivami a motivarti»” È emblematico, fra gli altri, il successo che sta avendo il libro di  P. Mastrocola La scuola raccontata al mio cane (Guanda, Parma, 2004), che definisce, sul filo della sua storia personale quello dell’insegnante  “un mestiere che non c'è più”.

Un ruolo significativo potrebbero avere le associazioni dei docenti così come l’hanno avuto in passato, in momenti cruciali della storia della scuola italiana. Queste note hanno preso spunto, dicevamo in premessa, dal Progetto Azioni e formazione per la prevenzione della dispersione scolastica del Consorzio Scholè, cui l’autore della presente riflessione ha partecipato per conto dell’UCIIM (Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi), progetto finalizzato a stimolare la presa di coscienza del mondo della scuola di fronte al problema della dispersione, a sostenere lo sviluppo della crescita culturale dei genitori, a sviluppare il capitale fisico, umano e sociale delle associazioni, degli operatori del mondo della scuola nella prevenzione e nella lotta alla dispersione scolastica, creare le condizioni per la crescita e la realizzazione di un progetto integrato con il territorio. È in questa direzione che va il riconoscimento ministeriale di alcune associazioni quali soggetti qualificati per la formazione e l’istituzione del forum delle associazioni professionali d’insegnanti sempre per opera del MIUR (costituito da associazioni ‘storiche’, come la FNISM, l’AIMC, l’UCIIM e dal MCE, dal CIDI, da DS, dall’ADI, dall’APEF, dall’ANDIS, dalla DISAL. Significativo anche il fatto che l’Ufficio scolastico della Lombardia abbia costituito lo sportello delle associazioni professionali affidando la consulenza on line e in presenza sulle tematiche più significative della professione docente (consultabile all’indirizzo web www.sportelloassociazionidocenti.it).

Il compito delle associazioni non è quello di sostituirsi ai sindacati o ai partiti, bensì, senza dimostrare disinteresse per quanto viene affrontato in sede sindacale o politica, quello di affrontare i problemi della professione con particolare cura agli aspetti culturali, istituzionali, deontologici, pedagogici e didattici della vita della scuola.

 


(1) Il Consorzio Scholè (www.consorzioschole.it), formato da Fondazione Alma Mater e I.R.R.E. Lombardia, nasce per dare risposte più efficaci e flessibili alle esigenze dell’istruzione dei giovani. In particolare ha l'obiettivo di creare nuove forme di aiuto allo studio e all'inserimento lavorativo in quanto troppo alto in Lombardia, infatti, è il fenomeno della dispersione scolastica. Oggi il Consorzio è lo strumento con cui la Regione Lombardia intende riaccendere nei giovani la passione per l'apprendimento. Il  Consorzio Scholè è il gestore dei finanziamenti regionali FSE destinati a realtà del tessuto sociale lombardo che promuovano la creazione di imprese contrastanti la dispersione scolastica. Obiettivi principali dell’ente sono il sostegno alla creazione di imprese che offrano servizi di prevenzione e di recupero scolastico, il sostegno a interventi finalizzati ad introdurre innovazioni organizzative, a riqualificare le competenze delle risorse umane e ad acquisire beni strumentali da parte di organismi no profit che operano nel settore della dispersione scolastica.

(2) Per quanto riguarda gli alunni stranieri abbiamo dati aggiornati all’a. s. 2003/2004 in M.I.U.R. – Dir. gen. per i Sistemi informativi - Dir. gen. per lo Studente, Indagine sugli esiti degli studenti con cittadinanza non italiana, gennaio 2005.