Estetica e tecnologia

Ho trovato un articolo di Pier Cesare Rivoltella nell’ultimo numero (dicembre) della rivista Incontri su questo argomento; penso che sia utile in un’epoca in cui non si fa che parlare di tecnologie nella didattica mettere in luce anche questo aspetto che amplia la propsettiva meramente tecnica.

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È possibile coniugare estetica e tecnologia? Cosa può avere a che fare lo strumento, la mac­china, il dispositivo, con il bello, l’e­mozione, la creatività? Sembra real­mente che ci si trovi di fronte a due prospettive (e a due logiche cultura­li) molto differenti: la logica stru­mentale che appartiene all’uso del dispositivo e la logica sentimentale che appartiene invece alla risonanza interiore delle forme. E infatti, nei curricoli di scuola — ai diversi livelli — educazione tecnologica ed educa­zione estetica sono sempre state ben demarcate nei loro confini, proprio a sottolinearne le diverse appartenen­ze e il diverso valore formativo.

Ma le cose stanno realmente così? Proprio lo sviluppo della tecnologia — in particolare della tecnologia dell’informazione e della comunicazio­ne — e la sua introduzione in scuola per produrre innovazione, ci forni­scono spunti per pensare questa relazione (tra estetica e tecnologia) in modo diverso.

Didattica e tecnologia

Pensiamo a una LIM, una Lavagna Interattiva Multimediale.
Il Ministero ne sta facendo uno dei punti di forza della sua campagna a supporto della trasformazione delle pratiche didattiche degli insegnanti. Semplificando, si tratta di una lava­gna sulla quale un videoproiettore “disegna” il desktop di un compu­ter: con questo schermo è possibile interagire attraverso un’apposita penna o direttamente con le mani. Così posso caricare un file, aprirlo, modificarlo, navigare in internet, scrivere, disegnare, salvare tutto quello che ho fatto, registrare la lezione che sto facendo.

Come si capisce, imparare a usare questo strumento nella didattica non è è immediato: all’insegnante serve una formazione. Che aspetti dovrà prevedere? La tentazione è di risol­vere tutto sul versante della tecnolo­gia e quindi pensare che imparare a usare una LIM significhi conoscere alla perfezione il software che con­sente di gestirne l’interfaccia. Il pro­blema in fondo sarebbe solo di nomenclatura (cosa attiva quel pul­sante, cosa succede se clicco su quel­l’icona) e di manualità (imparare a conoscere il comportamento della lavagna, capire che pressione eserci­tare, ecc.).

Ma siamo proprio sicuri che que­sto sia sufficiente? In altre parole: privilegiare esclusivamente il momento tecnico, il controllo stru­mentale, consente di sfruttare al meglio le possibilità che la LIM in quanto tecnologia mette a disposi­zione dell’insegnante?

La risposta è logica. Se risolvessi tutto sul piano strumentale non andrei lontano. Occorre, quindi, che il momento tecnico venga integrato sul piano estetico, e questo ad alme­no tre livelli.

Il livello della percezione

Un primo livello è quello della percezio­ne (e infatti questo è il significato del greco aisthesis, da cui l’italiano estetica). La tecnologia gode di una dimensione estetica anzitutto a questo livello. Con essa si entra in rapporto attraverso un’interfaccia che sempre più di fre­quente privilegia il momento tattile ma che lavora contemporaneamente anche sugli altri sensi (la multimedialità indica proprio questa integrazione — grazie al digitale — dei diversi sistemi di rappre­sentazione nello stesso spazio operati­vo). L’insegnante abitualmente “gioca”

sulla comunicazione orale, supportata da quella scritta: ora dovrà impegnarsi a conoscere anche altri alfabeti, a lavorare sui diversi linguaggi. Le nuove logiche percettive (le nuove estetiche) disposte dalla tecnologia sviluppano nuove atti­tudini cognitive: il pensiero viene spa­zializzato, la scena su cui i concetti si formano e si combinano è esternalizzata, lo schermo diviene il vero e proprio spa­zio di costruzione della conoscenza. Tutto questo richiede riflessione e dispo­nibilità al cambiamento.

Il livello stilistico

Un secondo livello è quello stilistico. La tendenza dell’insegnante che usa da neofita la LIM (ma è già successo in altre stagioni della didattica tecnologica con gli ipertesti e con il powerpoint) è di uti­lizzare tutti gli effetti a sua disposizione: animazioni, font diversi, colori, gif, immagini. Il risultato sono spesso scher­mate molto cariche, confuse, dove non si coglie la relazione tra la scelta di un effetto visivo e il risultato, magari (?) di apprendimento, che si intende consegui­re. Ne derivano presentazioni (nel caso di powerpoint) e sceneggiature (nel caso della LIM) oggettivamente brutte: baroc­che, kitsch, ridondanti. Si tratta di un secondo spazio importante in cui si coglie l’importanza di una dimensione estetica della tecnologia. Lo stile, cioè l’uso personale dei codici di un linguag­gio, va educato: ha le sue regole ma si nutre anche delle abitudini di consumo di chi lo sviluppa. Senza cultura artisti­ca, senza un “gusto” estetico raffinato, sarà molto difficile anche produrre con­tenuti multimediali di qualità.

Il livello della creatività

E siamo al terzo livello, quello della creatività. Io potrei, per assurdo, cono­scere alla perfezione le nuove estetiche tecnologiche, possedere un mio stile adeguato, ma non per questo riuscire a utilizzare la tecnologia nella mia didat­tica in maniera intelligente. Per farlo ho bisogno di accostarmi alla tecnologia in maniera creativa, ovvero facendo uso della mia immaginazione.

Fenomenologicamente, immaginare significa intenzionare un oggetto in assenza. Pensata in questo modo, l’im­maginazione integra la percezione, che l’oggetto lo intenzione invece in presen­za. La integra perché la percezione è sempre parziale, coglie l’oggetto da un certo punto di vista in una certa pro­spettiva, ma non può aver presenti materialmente tutte le altre. Questo è lo spazio dell’immaginazione. Per tornare all’esempio della LIM, se mi limito a percepirla, difficilmente ne potrò fare usi creativi e quindi difficilmente la userò in maniera diversa da come usavo la vecchia lavagna di ardesia. Solo se l’immaginazione mi viene in aiuto posso integrare quello che vedo (e che ho sempre fatto) aprendo scenari diver­si. Il genio come categoria estetica allu­de proprio a questo fatto: al saper vede­re le cose in maniera diversa. Creatività e immaginazione appunto.

 

Pier Cesare Rivoltella
Ordinario di  Didattica
 Direttore del CREMIT
Presidente della SIREM

SCUOLA/ Conoscenze o competenze? Superiamo la diatriba con il buon vecchio “rasoio di Ockham”

di Max Bruschi (Ilsussidiario.net)

«I nuovi programmi vietano le trite nozioni che per tanto tempo hanno aduggiato la scuola dei fanciulli; e richiedono la schietta poesia, la ingenua ricerca del vero, l’agile indagare dello spirito popolare, irrequieto e mai sazio di “perché”; il rapimento nella contemplazione dei quadri luminosi dell’arte e della vita; la comunicazione con le grandi anime, fatte vive e quasi presenti attraverso la parola del maestro (…). Se il maestro (…) sarà pedante ripetitore, la vita spirituale rifuggirà da lui e si manifesterà in quelle forme inconsapevolmente ma irreprimibilmente difensive proprie del fanciullo che sono la irrequietezza e la turbolenza».

È l’11 novembre 1923 e Giuseppe Lombardo Radice licenzia con questa premessa i “programmi” per la nuova scuola elementare. Tolto il lirismo d’antan, difficile non sottoscrivere. E difficile non considerare come, ieri e oggi, schiere di pedanti ripetitori abbiano visto “rifuggire” la vita spirituale e schiere, altrettanto nutrite, di corifei di una malintesa modernità, abbiano messo in soffitta i “quadri luminosi dell’arte” e seppellito le “grandi anime”. In mezzo, la falange di insegnati che, onestamente e umilmente, anno dopo anno, ha cercato di districarsi tra ordinanze, circolari, indicazioni, OSA, “assi”, competenze chiave e compiere al meglio la propria missione educativa e culturale.

continua http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=59444

SCUOLA/ Caro Ministro, tanti auguri e una valutazione di fine anno anche per lei

di Luisa Ribolzi (da Ilsussidiario.net)

Il web è ricco di sorprese, soprattutto per noi poveri digital immigrants, che navigando alla ventura ci imbattiamo talvolta in interessanti scoperte. Ad esempio, esiste un sito (www.buonipropositi.com) che suggerisce di inviare i buoni propositi per il nuovo anno, impegnandosi a ricordarli a chi fa poi finta di niente. Non so se il ministro Gelmini abbia fatto dei buoni propositi per il 2010, oltre a quelli lodevoli ma personali di sposarsi, diventare mamma e non perdere un sol giorno di lavoro, tutte intenzioni per cui le facciamo i migliori auguri. Proverò allora io a riguardare alcuni buoni propositi che avevo formulato lo scorso anno su queste pagine, invitando il ministro a concentrarsi su alcune cose importanti e a fissare dei traguardi precisi, piuttosto che su di un palingenetico rinnovamento dell’intero sistema (ebbene sì, ho fatto il classico nel Pleistocene e uso senza arrossire la parola “palingenetico”): invito che mi pare sia stato disatteso, in quanto il quadro complessivo si è confermato, ma gli aspetti operativi sono rimasti sottovalutati.

continua  http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=58885