CORRADO MARCHI

 

COMUNE DI LALLIO

 

  

4 novembre 1918 – 1988

settantesimo anniversario

della “grande guerra”

 

 

 

4 novembre 1918

“La vittoria”

di Benedetto Croce

(da Pagine di guerra)

 

Far festa perché? La nostra Italia esce da questa guerra come da una grave e mortale malattia, con piaghe aperte, con debolezze pericolose nella sua carne, che solo lo spirito pronto, l'animo accresciuto, la mente ampliata rendono possibile sostenere e svolgere, mercé, duro lavoro, a incentivi di grandezza. E centinaia di migliaia del nostro popolo sono periti, e ognuno di noi rivede, in questo momento, i volti mesti degli amici che abbiamo perduti, squarciati dalla mitraglia, spirati sulle aride rocce o tra i cespugli, lungi dalle loro case e dai loro cari. E la stessa desolazione è nel mondo tutto, tra i popoli nostri alleati e tra i nostri avversari, uomini come noi, desolati più di noi, perché tutte le morti dei loro cari, tutti gli stenti, tutti i sacrifizi non sono valsi a salvarli dalla disfatta. E grandi imperi che avevano per secoli adunate e disciplinate le genti di gran parte dell'Europa, e indirizzatele al lavoro del pensiero e della civiltà, al progresso umano, sono caduti; grandi imperi ricchi di memorie e di glorie; e ogni animo gentile non può non essere compreso di riverenza dinanzi all'adempiersi inesorabile del destino storico, che infrange e dissipa gli Stati come gli individui per creare nuove forme di vita"

 

 

 


 

 

Le origini politiche del conflitto

   

La prima guerra mondiale ebbe origine dallo sconvolgimento economico e politico dell’Europa, avvenuto nei primi anni del nostro secolo. L’impero austro – ungarico annesse al proprio territori la Bosnia – Erzegovina (oggi una delle repubbliche jugoslave) che già amministrava. L’Italia, nell’autunno del 1911 dichiarò guerra alla Turchia e, nell’ottobre del 1912, con la pace di Losanna, annesse formalmente ai propri territori la Libia. In Turchia, nel 1908 si sviluppò una rivoluzione detta dei “giovani turchi” che pose fine all’assolutismo di quella monarchia, aprendo il paese a un regime costituzionale e parlamentare. Germania e Inghilterra si fronteggiarono diplomaticamente ma duramente per il controllo del Marocco e alla fine la spuntò l’Inghilterra.

Nel 1912 e ’13, infine, si combatterono le due guerre balcaniche: la prima vide tutti gli stati della regione combattere contro la Turchia e liberare la penisola dal dominio ottomano. Nella seconda, la Bulgaria attaccò la Grecia e la Serbia: a queste ultime si allearono Romania e Turchia e la Bulgaria ebbe la peggio. Fu la Serbia a guadagnare più di ogni altro,con il risultato di divenire un pericolo immediato per gli interessi economici e politici che l’Austria – Ungheria aveva nei Balcani e ponendo premesse per un confronto militare.

 

 

 

 

 

Gli interessi economici in gioco

 

Fra le ragioni che portarono alla guerra ve ne furono anche di natura economica.

Al dominio imperiale inglese, nei primi decenni del nostro secolo, si contrapposero gli interessi economici tedeschi. L’economia della Germania compì infatti prodigiosi balzi in avanti: i tedeschi cominciarono ad esportare in notevole quantità prodotti dell’industria metallurgica, meccanica e chimica.

Contemporaneamente, però, la Germania,  per mantenere la macchina produttiva, aveva bisogno di grosse importazioni di materie prime e prodotti alimentari. Tali esigenze erano contrastate dalla superiorità dell’Inghilterra e della Francia (ricche di colonie) superiorità finanziaria nei rapporti fra le nazioni soprattutto nei Balcani, zona di grande interesse strategico per i tedeschi.

Alcune fabbriche nei primi anni del secolo

  

 

 

L’attentato di Sarajevo

 

I l 28 giugno 1914, lo studente bosniaco Gavrilo Princip compì un attentato uccidendo a Sarajevo l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell’impero austro – ungarico, e la moglie. In Austria il governo vide nel grave fato di sangue l’occasione per distruggere la Serbia. In accordo con i tedeschi inviò quindi al governo serbo un inaccettabile ultimatum e il 28 luglio l’attaccò. La Russia due giorni dopo, proclamò la mobilitazione generale a fianco della Serbia. Il I agosto la Germania dichiarò guerra ai russi e il 9 agosto ai francesi    

 lanciando anche un ultimatum al Belgio affinché acconsentisse al passaggio delle armate tedesche sulla propria terra, pena l’occupazione militare. Il 2 agosto, il governo italiano, che era legato ad Austria e Germania da un accordo militare. Il 2 agosto, il governo italiano, che era legato ad Austria e Germania da un accordo militare, dichiarò la propria neutralità adducendo a giustificazione che l’accordo stesso prevedeva il mutuo soccorso solo in caso che una delle nazioni fosse stata aggredita e non qualora, come nella fattispecie dell’Austria e della Germania. fossero divenute aggressori. Neutrale rimase anche la Romania. L’Inghilterra valutò attentamente la questione e si rese conto che se la Germania avesse vinto, le sue posizioni politiche ed economiche in Europa sarebbero state compromesse.

Così, il 4 agosto, dopo che i tedeschi avevano invaso il Belgio, anche l’Inghilterra dichiarò la guerra. era iniziata la prima guerra mondiale.

 

L'arresto di Gravilo Princip subito dopo l'attentato

 

 

Le diplomazie al lavoro

 

L’Inghilterra scese subito in campo con la propria diplomazia, cercando di isolare gli imperi centrali (Austria e Germania), dal resto del mondo: e vi riuscì anche mettendo a disposizione dei paesi alleati ingenti disponibilità economiche sottoforma di prestiti. Oltre alla garanzia della neutralità italiana già espressa, ottenne l’appoggio degli Stati Uniti (che, neutrali, non aiutarono i tedeschi) e del Giappone che attaccò la Germania occupando i suoi possedimenti in Cina. In tal modo Germania e Austria furono praticamente isolate. La superiorità degli eserciti le avrebbe garantite solo se la guerra fosse stata rapida. Non fu così e l’isolamento, come gli inglesi avevano previsto, diventò l’elemento determinante per l’andamento del conflitto.  

 

 

 

 

 

 

 

L’invasione del Belgio e l’attacco russo

 

All’inizio, infatti, sembrò che i piani tedeschi per una guerra rapida dovessero andare in porto. Il loro esercito invase il Belgio (nonostante un’aspra resistenza), sconfisse i francesi nella battaglia di Charleroi e gli inglesi in quella di Mons, puntando decisamente su Parigi. Ma l’esercito francese, al comando del generale Joffre, si allineò sulla Marna, pronto a resistere ad oltranza. La battaglia 8detta appunto della marna) durò 6 giorni (dal 6 al 12 settembre 1914), impiegando usi due fronti oltre due milioni di uomini. I tedeschi furono prima fermati e poi fatti arretrare. Negli stessi giorni la Russia attaccò la Germania in Prussica dove si combatterono le battaglie di Tannenberg – dal 25 al 30 agosto – e dei laghi Masuri – tra l’8 e il 10 settembre. In entrambe le battaglie uscirono vincitori i tedeschi. L’azione russa, però, ebbe il pregio di costringere la Germania a spostare parte delle sue truppe dal fronte occidentale, favorendo così l’azione francese sulla Marna.

 

La fanteria tedesca in marcia attraverso il Belgio

Barricata dell'esercito belga nei pressi di Malines

 

 

Verso una “guerra di posizione”

 

Parzialmente sconfitti dai tedeschi, i russi ebbero migliore fortuna contro l’Austria costringendola ad abbandonare la regione della Galizia.

Provate sui campi di battaglia, Austria e Germania colsero un successo sul piano diplomatico, convincendo la Turchia ad entrare in guerra a fine ottobre al fianco degli imperi centrali: in tal modo essi raggiunsero il duplice scopo di impegnare i russi sui due fronti e di assicurarsi il controllo dello stretto dei Dardanelli e del Bosforo.

In ottobre, la Germania portò il proprio attacco contro l’”Intesa” cercando di raggiungere la manica (Calais, Boulogne, Dunkerque) per dividere gli alleati: per un mese si combatté nelle Fiandre e i tedeschi subirono alla fine una nuova battuta d’arresto.

Verso la fine del 1914 divenne chiaro che la “guerra lampo” tedesca si era trasformata in una faticosa, estenuante, guerra di posizione, condotta in fangose trincee lunghe oltre 800 chilometri.

 

 

Una batteria russa in azione

 

 

Pacifisti e interventisti in Italia

 

In Italia si aprì un aspro confronto, dopo la decisone assunta dal governo di rimanere neutrali. In genere tutte le forze politiche maggiori erano favorevoli alla neutralità: i liberali di Giolitti, perché temevano l’impreparazione militare del nostro esercito; i socialisti, perché esprimevano l’opposizione degli operai e dei contadini alla guerra; i cattolici, sia perché appoggiavano le posizioni pacifiste della Santa Sede, sia perché rappresentavano la netta contrarietà alla guerra delle classi contadine. Ma una consistente e agguerrita minoranza, invece, reclamava l’entrata in guerra dell’Italia.

Per scendere in campo a fianco dell’Intesa (Inghilterra,a Francia, Russia) erano uomini come Bissolati, Salvemini, Cesare Battisti, Labriola. Fra gli accesi interventisti fu anche il socialista Benito Mussolini (divenuto poi l’artefice del fascismo) che, di conseguenza, venne espulso dal partito. Ma fra gli interventisti vi furono anche consistenti fette del partito liberale (Calandra, Sonnino). L’altra corrente degli interventisti era rappresentata dai nazionalisti (Marinetti, D’Annunzio) che volevano la guerra “a tutti i costi”, prima chiedendo il rispetto dell’alleanza con gli imperi centrali, poi passando apertamente al campo avversario.

 

             

 

Benito Mussolini (con baffetti e bastone)             Giovanni Giolitti

insieme a un gruppo di interventisti

 

 

L’Italia entra in guerra

L’Inghilterra, la Francia e la Russia operavano in campo diplomatico per indurre l’Italia ad entrare in conflitto con l’Austria. Contemporaneamente, appellandosi al trattato con gli imperi centrali, l’Italia trattò con Vienna la cessione del Trentino in cambio dell’appoggio all’espansione austro – ungarica nei Balcani, ma ottenne una risposta negativa. Nell’aprile del 1915 il nuovo ministro degli esteri Sidney Sonnino, subentrato nel governo alla morte del suo predecessore, il marchese di San Giuliano, riavviò intense trattative con elle parti in conflitto per individuare le concessioni maggiormente convenienti al nostro paese. Il 9 aprile le trattative si conclusero con un accordo segreto firmato a Londra.

 Secondo tale accordo, l’Italia sarebbe entrata in guerra entro un mese e, in cambio, al momento della pace avrebbe ottenuto il Trentino e il Sud Tirolo, l’Istria, la Dalmazia e alcune isole oggi alla Jugoslavia. Nonostante l’opposizione di Giolitti e di trecento deputati, le dimissioni del governo Calandra, le divisioni di piazza fra interventisti e pacifisti, l’Italia, profondamente divisa, il 23 maggio 1915 dichiarò guerra all’Austria.

L'annuncio dell'entrata in guerra sul 'corriere della Sera'

a sin.: Gabriele D'Annunzio al termine di una manifestazione interventista a Roma

a destra: Gabriele D'Annunzio al termine di una manifestazione interventista a Roma

 

Prima dell'inizio, la guerra poteva sembrare un'avventura. Ecco alcune immagini di giovani pronti a partire per il fronte

 

Qualcuno lasciò a casa una famiglia

La tradotta per il fronte: speranze di rapide conclusioni

 

Gruppo di soldati italiani in caserma: prima del viaggio per la zona di combattimenti

 

 

Le prime battaglie dell’esercito italiano

 

Ma l’esercito, come Giolitti aveva previsto, era assolutamente impreparato al conflitto. i piani del comandante in capo, il generale Luigi Cadorna, che prevedevano una rapida avanzata, si dimostrarono inesatti.

Le fortificazioni austriache e la mancanza di un’adeguata artiglieria pesante, non consentirono al nostro esercito di sfondare le linee nemiche. Pochi chilometri di terreno costarono migliaia di morti fra i nostri soldati lanciati in scontri frontali con il nemico.

Tra il giugno e il dicembre 1915 si combatterono quattro battaglie sul fiume Isonzo. Insieme a migliaia di giovani soldati uccisi, morì o  rimase gravemente ferito la maggior parte degli ufficiali effettivi. Si trattava di giovani laureati, chiamati alle armi o partiti volontari che furono lanciati negli scontri, nei corpo a corpo, negli assalti alle fortificazioni nemiche, alla testa dei nostri reparti senza un’adeguata preparazione militare.

Ma il massacro non fu solo italiano: anche gli altri eserciti lasciarono sul terreno di questa aspra guerra di logoramento, centinaia di giovani uccisi.

 

 

 

 

 

  Un avvicendamento di truppe nei pressi dell'Isonzo

 

 

 

Battaglia della Somme: soldati tedeschi uccisi dall'artiglieria tedesca

 

 

Il riposo di soldati inglesi durante la battaglia della Somme

 

I grandi massacri

Anche le battaglie del 1916 aprirono pochi varchi militari, ma produssero migliaia di morti. i tedeschi attaccarono i francesi nella battaglia di Verdun in febbraio, ma non riuscirono a conquistare la città.

In compenso rimasero sul terreno 700.000 morti, fra soldati e ufficiali. i francesi contrattaccarono in giugno, nella battaglia della Somme: l’unico risultato ottenuto fu un milione di morti fra i due eserciti. Vennero usati anche i gas.

Sul fronte italiano si combatté inutilmente la quinta battaglia dell’Isonzo. Poi nel maggio gli austriaci tentarono quella che fu definita la Strafexpediction (spedizione punitiva) contro l’Italia con l’impiego massiccio dell’artiglieria.

Le battaglie si combatterono sull’altopiano dei sette comuni, vicino a Vicenza, e a prezzo di molte vite umane l’esercito italiano bloccò il tentativo austriaco di aggirare il nostro schieramento.

 

  

Una trincea francese durante 

la battaglia di Verdun

 

 

Si combatté anche nei mari

 

Nell’autunno il nostro esercito combatté altre quattro aspre battaglie sull’Isonzo e, alla fine, riuscì a sfondare e ad occupare Gorizia. Non si ottennero invece successi sul Carso, verso Trieste. In agosto l’Italia dichiarò guerra anche alla Germania, così fece anche la Romania che venne però travolta in pochi mesi dai tedeschi, i quali in dicembre occuparono Bucarest. Anche sui mari la guerra divampò aspra. Inglesi e francesi operarono il blocco dei porti tedeschi che reagirono con la guerra sottomarina e poi con la battaglia navale davanti alla penisola dello Jutland dove, nonostante le gravissime perdite inglesi, subirono una sconfitta.

 

Galleria "S" scavata dagli austriaci in alta montagna

 

Cantiere per la costruzione di trincee in alta montagna

Un reparto di bersaglieri italiani in posizione

 

La cattura di un somergibile tedesco VC 12

 

 

La rivoluzione russa

 

Dopo un vano tentativo di raggiungere la pace nell’inverno, il 1917 vide il riavvio del conflitto. In aprile gli stati Uniti risposero alla ripresa della guerra sottomarina tedesca (che costò loro numerose vittime) entrando in guerra a fianco dell’Intesa e lanciando sui campi di battaglia quasi due milioni di uomini e la sua potenza industriale.

In marzo, scoppiò la rivoluzione in Russia. Le popolazione russe erano vessate da una monarchia assolutista, inefficiente, incapace di governare; soffrivano la fame e avevano già contato oltre due milioni di giovani soldati uccisi.

Dopo manifestazioni e scontri, la monarchia venne abbattuta, lo zar e la sua famiglia arrestati. Nacque così la repubblica russa in cui però esplosero subito evidenti le contraddizioni fra la borghesia al governo e la forza reale in mano alla “piazza” rappresentata dagli operai e dai soldati. Ma le rivolte scoppiarono al fronte anche fra le fila degli altri eserciti, stanchi, decimati, sfiniti da una guerra assurda.

Molti furono gli episodi di ribellione e altrettanti furono quelli di repressione con il carcere o la fucilazione di soldati e ufficiali.

 

Reparti americani nella Quinta Avenue di New York prima di partire oer l'Europa

 

Una manifestazione a Pietrogrado dispersa dai cosacchi che sparano sulla folla

Lo zar Nicola II e la zarina Alessandra Fedorovna

Artiglieria alpina italiana pronta a far fuoco

Postazione italiana al fronte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una postazione austriaca in alta montagna

 

Postazione italiana in montagna

 

 

 

Un nostro aviatore con il suo caccia

 

Proiettili di artiglieria

Il comando della trentaduesima divisone della fanteria italiana

La toeletta di un soldato italiano al fronte

 

Una tradotta militare vicino al fronte

 

Artiglieri italiani

 

 

 

 

“L’inutile strage”

 

Nei mesi estivi del 1917, dopo altri inutili tentativi e sanguinose battaglie, alcuni governi tentarono nuove trattative di pace: ma anche queste fallirono e a nulla valse il 9 agosto un appello del Papa di allora, Benedetto XV che definì la guerra una “inutile strage”.

Il nuovo governo russo, guidato da Kerenskij ordinò l’offensiva contro i tedeschi, senza ottenere risultati. Fu invece forte il contrattacco tedesco che provocò migliaia di morti e lo sfaldamento definitivo dell’esercito russo.

Tra i mesi di maggio e agosto, l’esercito italiano lanciò attacchi gratuiti contro gli austriaci sull’Isonzo, sul Carso e sulla Bainsizza che fruttarono alcune posizioni, ma anche gravi perdite sui massicci dell’Hermada e dell’Ortigara, dove l’offensiva si arrestò. Stanchezza e sfiducia provocarono manifestazioni e proteste in molte città. A Torino divennero addirittura tumulti popolari. Il deputato socialista Claudio Treves lanciò la parola d’ordine “quest’inverno non più in trincea”.

 

                      Il Papa Benedetto XV

Una nostra teleferica militare

Il riposo di alcuni nostri soldati in trincee improvvisate

 

  

La disfatta di Caporetto

 

 

La ritirata delle truppe italiane nei pressi dell'Isonzo

 

 

I l 24 ottobre, tedeschi e austriaci, forti dell’inconsistenza nemica sul fronte russo, scatenarono contro l’esercito italiano una grande offensiva, rovesciando tonnellate di proiettili d’artiglieria sulle nostre linee. In poco più di cinque giorni il fronte fu rotto a Caporetto, ma anziché ammettere la sconfitta e far ripiegare le nostre truppe, lo stato maggiore costrinse i soldati italiani ad un’eroica quanto assurda e inutile resistenza che trasformò la battaglia persa in una vera e propria rotta e in un massacro per i nostri soldati:40.000 fra morti e feriti, quasi 800.000 i prigionieri, altrettanti soldati abbandonati e in fuga, oltre 8.000 cannoni distrutti o catturati dal nemico.

L’avanzata austro – tedesca fu poi arrestata ben dentro i confini italiani, al Piave e al massiccio del Grappa. Cadorna tentò di scaricare tutta la responsabilità sulla “viltà” dei nostri soldati. Ma l’evidenza dei fatti dimostrò le responsabilità sue e dello stato maggiore: il 9 novembre venne esautorato e al suo posto fu nominato il generale Armando Diaz.

Le trincee sul Piave, dopo Caporetto

Truppe in marcia durante le operazioni di Caporetto

 

 

Soldati russi insorti sparano contro una 

postazione della polizia a Pietrogrado

 La smobilitazione del vecchio esercito russo

La rivoluzione bolscevica e la pace di Brest–Litovsk

 

 

Contemporaneamente, la situazione della Russia divenne ancor più insostenibile e dimostrò l’incapacità del governo di mutare la situazione.

Ai primi di novembre, il partito bolscevico, con a capo Lenin, rovesciò il governo di Kerenskij, pubblicò i vari accordi segreti del regime zarista e, denunciando la grande guerra come “imperialista” e contraria agli interessi del popolo russo, lanciò l’appello per una pace immediata, firmò l’armistizio con la Germania e quindi, nel marzo del 1918, la pace di Brest – Litovsk.

 

 Soldati russi e austriaci fraternizzano al fronte dopo  l’armistizio  

Un avamposto austriaco appena colpito

e distrutto dall’artiglieria italiana

 

Un gruppo di alpini in pozione

 

La controffensiva dell’intesa

 

Nella primavera del 1918 si avviò l’ultimo tentativo militare degli imperi centrali per vincere la guerra. i tedeschi riuscirono ad avanzare ancora una volta sino alla Marna, senza però sfondare il fronte francese. Analogamente gli austriaci attaccarono lungo tutto il fronte italiano, ma l’accanita resistenza del nostro esercito, aiutata dalla piena del Piave, impedì il successo dell’attacco.

Subito dopo partì la controffensiva dell’Intesa. Nei primi giorni d’agosto il neo costituito corpo d’armata francese – inglese – americano, al comando del generale francese Foch, attaccò nella zona di Amiens, anche con l’impiego dei carri armati, e sfondò il fronte tedesco. Così successe anche sul fronte bulgaro. Per la prima volta, in ottobre, Austria e Germania avanzarono offerte di pace.

            Un gruppo del servizio trasmissioni dell'esercito tedesco

 

 

 

Soldati italiani al contrattacco

 

 

 

Folla davanti al Parlamento di Vienna, per la

proclamazione della Repubblica Austriaca

L’avanzata italiana e la pace

 

 I l 24 ottobre l’esercito italiano attaccò sul fronte del Piave. Dopo tre giorni di aspri combattimenti la resistenza austriaca cedette e Vittorio Veneto venne conquistata. L’esercito austriaco crollò, le truppe croate, ungheresi e ceche si ammutinarono.

Così fecero anche i marinai della flotta ormeggiata a Pola.

Il 3 novembre i nostri soldati raggiunsero Trento, il 4 novembre sbarcarono a Trieste. E il 4 novembre, a Villa Giusti, presso Padova, l’Austria firmò l’armistizio con l’Italia. Da quattro giorni in Germania era scoppiata una rivolta popolare che portò all’abdicazione dell’imperatore Guglielmo II e il 9 novembre alla proclamazione della repubblica tedesca. Così successe anche in Austria dove Carlo i d’Asburgo (subentrato al trono a Francesco Giuseppe dopo la sua morte avvenuta nel novembre 1916) abdicò e venne costituita la repubblica austriaca.

 

 

 

Dimostrazione popolare contro la

monarchia in Germania

 

 

Le cifre del massacro

 

La prima guerra mondiale era finita. per noi italiani, come per tutti gli altri, la data della firma dell’armistizio significò la fine di un incubo, di un massacro. Poche, nel novembre del 1918, furono le famiglie italiane a non essere in lutto. In tutta la guerra, sui vari fronti e tra i vari eserciti, si contarono quasi dieci milioni di morti. Circa 20 milioni furono i feriti, gli invalidi, i mutilati. Tanto fu il vuoto che giovani morti, operai, contadini, tecnici, intellettuali lasciarono nelle società delle varie nazioni.

L’inutile strage, come la chiamò Benedetto XV, si era alfine consumata.

Ricordiamo insieme questi fatti. ci aiuteranno a lavorare, ogni giorno, per la pace, la comprensione e la collaborazione fra i popoli.

 

 

Parigi: la seduta di apertura della conferenza di pace

Non tutti i milioni di morti trovarono sepoltura: ecco come si presentò il campo di battaglia di Verdun al fotografo ...

 

... per i tanti che non tornarono

 

            Le zone dei "grandi massacri", in Francia