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FILOSOFIA PER BAMBINI

 

 

 

Parlare di filosofia per bambini può sembrare un’idea strana per la gente comune, anche la maggior parte degli operatori scolastici pensa che questa disciplina sia ben lontana dall’orizzonte della scuola di base in quanto non accessibile ad età così giovani; pensare alla filosofia nella scuola dell’infanzia può sembrare persino assurdo. Nella realtà scolastica, anche italiana, tuttavia l’espressione “filosofia per/con(1) i bambini” (Philosophy for Children - P4C) si sta diffondendo insieme alla sua pratica. Non si tratta di anticipare il tradizionale insegnamento della filosofia a fasce di età anteriore alla scuola superiore, ma di utilizzare il metodo del dialogo filosofico per stimolare i bambini a una riflessione su contenuti filosofici propri del loro vissuto.

 

L'intuizione di M. Lipman

 

L’idea di affrontare problematiche filosofiche con “children” ( = bambini, fanciulli, ragazzi), ossia con soggetti dai 3 ai 18 anni, risale all’inizio degli anni ’70 fu di Matthew Lipman che, allora professore di logica alla Columbia University, si rese conto della difficoltà che i giovani incontravano nello studio della sua disciplina e formulò l’ipotesi che alcune problematiche di logica e più in generale il rigore del pensiero fosse possibile insegnarli già dalle scuole medie. “Secondo Lipman, l’esercizio critico del pensiero, l’incontro con temi e problemi che stimolassero una ricerca di conoscenza, il confronto con diverse ipotesi di interpretazione del mondo e con diversi percorsi logici, l’apertura alla dimensione filosofica dell’esperienza dovevano invece essere un elemento essenziale in ogni percorso di formazione. Era necessario, tuttavia, che fossero offerti molto precocemente. Ma come? Bisognava costruire strumenti e materiali che proponessero problemi, inducessero perplessità, coinvolgessero in una dimensione euristica. Da qui l’idea di scrivere racconti strutturati in forma dialogica, che costituissero una base di lavoro per esperienze educative in cui venisse messo in gioco il pensiero di tutti e di ciascuno attraverso la discussione, l’argomentazione, il dialogo. Da qui, inoltre, la creazione di una metodologia didattica che vedesse ogni gruppo di apprendimento (dalle classi di scuola materna ed elementare ai gruppi di formazione degli insegnanti) configurarsi come "comunità di ricerca" in cui tutti, insieme, potessero costruire conoscenza condividendo una comune responsabilità euristica”(2). Incominciò, per perseguire questo obiettivo, a scrivere un primo racconto, Harry Stotllemeier’s discovery(3); il testo narra la storia di un ragazzo di 10 anni che un giorno, interrogato in scienze, scopre suo malgrado che, se è vero che i pianeti ruotano intorno al sole, non è egualmente vero che tutti i corpi che ruotano intorno al sole siano pianeti. Da qui inizia una ricerca di tutta la classe sulle regole della logica, sul bene e sul male, sul giusto e l’ingiusto, sul valore del dialogo; la scoperta centrale consiste nel valore del pensiero: “possiamo riflettere su tutte le cose e i fenomeni del mondo, ma tutte le cose e i fenomeni del mondo non possono riflettere su di noi” – afferma il protagonista, quindi il “focus” della scoperta consiste nel “pensiero sul pensiero”. Successivamente M. Lipman si trasferì alla Montclair State University e fondò l’Institute for the Advancement of Philosophy for Children  (IAPC)(4) definendo il curriculum P4C. In Italia questa metodica ha incominciato a diffondersi all’inizio degli anni ’90 per iniziativa del Centro di ricerca per l’insegnamento filosofico (CRIF), fondato da Antonio Cosentino, e dal Centro interdisciplinare di ricerca educativa sul pensiero di Rovigo (CIREP), fondato da Marina Santi(5).

 

Il progetto P4C

 

Nel corso degli anni, in collaborazione con Ann Sharp, Lipman scrisse altri racconti, cui si affiancarono i rispettivi manuale, fino a creare il curriculum destinato alle varie fasce d’età. Per la scuola dell’infanzia abbiamo L’ospedale delle bambole(6). L'io narrante di questo racconto, sul quale ci soffermiamo maggiormente giacché riguarda la scuola dell’infanzia(7), Manù, ha quattro anni e frequenta l'asilo. Gioca con le bambole ed è molto affezionata ad una in particolare, che porta con sé ovunque, Rotolina. Il suo sesso è volutamente lasciato nell'ambiguità dall'autrice, sia perché a questa età i bambini non hanno ancora sviluppato una piena consapevolezza della propria identità di genere, sia per permettere al lettore, un altro bambino, il riconoscimento di Manù come persona, indipendentemente dal fatto che sia maschio o femmina. Vive in una famiglia serena, con i genitori e una sorella, che lo/la circondano di affetto e sono sempre disposti a rispondere alle piccole - ma poi non tanto - domande che nascono continuamente in lui/lei, fornendogli/le il più delle volte le analogie utili alla comprensione. In famiglia, attraverso il dialogo con i genitori, Manù ha così l'occasione di sviluppare continuamente la consapevolezza di sé e di imparare a riconoscere e a rispettare gli altri. Gli altri sono poi quasi sempre i propri compagni. La scuola, infatti, costituisce l'altro contesto educativo in cui il maestro, figura adulta di riferimento complementare a quella dei genitori, insegna il "rispetto delle regole", ossia a riconoscere negli altri delle persone e a dire sempre la verità. Il maestro svolge anche un'altra fondamentale funzione, poiché è colui che "forza" Manù e i suoi compagni a confrontare ed argomentare le proprie idee e a giustificare le proprie convinzioni, e in definitiva ad accettare anche le differenze esistenti tra loro, portandoli a divenire in tal modo una piccola, ma significativa comunità di ricerca. I suoi membri iniziano a interrogarsi sul significato dei nomi e dei concetti che l'esperienza, che in questa prospettiva deweyana(8) è chiaramente il punto di partenza di ogni ricerca e di ogni insegnamento, pone loro innanzi in maniera problematica quotidianamente, e dalle tautologie iniziali con cui cominciano a ragionare il loro linguaggio si articola sempre più, stimolato dalla necessità di esprimere differenze concettuali ed esperenziali. Alla fine del racconto, proprio un'esperienza, traumatica, costituisce l'episodio fondamentale che segna la crescita emotiva e intellettiva del piccolo protagonista: in seguito ad un incidente, Rotolina si rompe, ed è necessario portarla in "ospedale" per qualche giorno perché le possano sostituire la testa. La separazione dalla sua bambola costringe infatti Manù, che proietta ancora su di essa parte del suo vissuto emotivo ed esperienziale, a riconoscere l'autenticità di una vita di relazioni con persone reali in contesti reali, interiorizzando definitivamente il proprio vissuto emotivo e le costruzioni simboliche relative.

Per la scuola primaria i racconti sono diversi, oltre al già citato Harry Stotllemeier’s discovery. Elfie(9), protagonista del primo racconto, è una bambina della prima classe molto timida, che riflette silenziosamente su tutti e su tutto: “Forse non parlo molto, ma penso tutto il tempo”. L’insegnante della sua classe organizza un concorso a premi “per chi pensa” ed Elfie è coinvolta insieme ai compagni nel gioco delle riflessioni logiche, alla scoperta del significato delle frasi, dei rapporti tra parti e insieme, uno a molti. È attraverso il suo interrogarsi che riesce a crescere e ad acquisire consapevolezza di sé. Per la seconda/terza elementare abbiamo il racconto di Kio, ragazzo di città, e di Gus, che vive nei pressi della fattoria dei nonni del primo(10)  impegnati nella scoperta del mondo della natura, ma anche delle loro diverse storie di vita, dei loro caratteri e dei loro limiti. La protagonista del libro per le classi terza e quarta elementare è Pixie(11), una bambina allegra e molto loquace che si interroga sulla sua vita, sulla sua interiorità attraverso i piccoli drammi della crescita. L’antagonista è Bruno, sempre in silenzio. Il confronto fra i due genera la dialettica parlare-pensare: l’uno ha bisogno dell’altro. Per la scuola media è il volume Mark(12) romanzo che narra la vicenda di un giovane che si considera vittima della società, ma che cos’è la società? Da qui il suo sforzo per fare chiarezza di fronte a questioni piccole e grandi: in fondo i criteri con cui affrontiamo i problemi quotidiani sono gli stessi che regolano la società (guerra, giustizia, democrazia, libertà, …).

L’attività in classe, secondo il curriculum P4C è organizzata in sessioni, ossia in unità di tempo entro le quali si realizza l’intervento. Si inizia con la lettura di un testo, generalmente tratto dai racconti costituenti il curriculum(13), al fine di stimolare la riflessione (testo-stimolo), successivamente l’insegnante sollecita le domande che vengono riportate (agenda) su lavagna, tabellone, ecc. (non importano i nomi dei proponenti i quesiti, visto che lo scopo è quello di creare un pensiero comune), quindi individua e avvia uno o più filoni di discussione (piano di discussione) avendo presenti gli interessi euristici e cognitivi del gruppo in quella determinata fase di crescita.

 

Ruolo dell'insegnante

 

Il ruolo del docente è quello di facilitatore, garante del clima di rispetto e della pertinenza delle risposte, a immagine del Socrate dei dialoghi platonici, che fa partorire le conoscenze. Deve essere cura del conduttore creare una comunità di lavoro ed educare alla dimensione del lavoro cooperativo, all’interazione nel gruppo di pari per il raggiungimento di conoscenze e di abilità attraverso la cooperazione, il superamento del conflitto e la condivisione dei risultati. Tutto questo è in linea con le Indicazioni nazionali per i piani personalizzati delle attività educative nelle scuole dell’infanzia che indicano che questo tipo di scuola “esclude impostazioni scolasticistiche che tendono a preconizzare gli apprendimenti formali e, attraverso le apposite mediazioni didattiche, riconosce come connotati essenziali del proprio servizio educativo la relazione personale significativa tra pari e con gli adulti, nei più vari contesti di esperienza, come condizione di pensare, fare e agire”.

Gli obiettivi che il progetto si propone sono molteplici e diversificati in base all’età degli alunni e alla disciplina o argomento considerato; in generale vertono sullo sviluppo delle abilità cognitive (di ragionamento, di ricerca, di elaborazione concettuale: capacità di definire un concetto, di porre domande sensate, di definire i termini di un problema, di uso delle regole del pensiero logico), delle abilità comunicative, delle capacità relazionali e degli atteggiamenti democratici.

Il progetto P4C è un curriculum, quindi dovrebbe avere un suo spazio temporale specifico, ma in diverse esperienze ha dato frutto anche l’approccio trasversale.

 

Bibliografia

 

Cammarano C., Philosophy for children, “Pragma Rivista dell’istruzione superiore”, n° 26/2005.

Cosentino A., Dalla “filosofia” al “filosofare”. La proposta di M. Lipman in “La didattica della filosofia. Atti del convegno nazionale SFI-Treviso 1993”, Treviso, 1996, SFI, pagg. 176-179.

Cosentino A. (a cura di), Filosofia e formazione 10 anni di P4C in Italia, Napoli, 2002, Liguori

Cosentino A., Harry e la scoperta delle idee, in “Nuova Secondaria”, n° 5/1991.

Ferraro G. (a cura di), La filosofia spiegata ai bambini, Napoli, 2000, Filema.

Lipman M., Educare al pensiero, Milano, 2005, Vita e Pensiero.

Riemma M., Montesarchio P., Vedi alla voce dialogo, Perugia, 2004, Morlacchi.

Santi M., La filosofia tra i bambini come pratica argomentativi condivisa in “Rivista della SFI sezione Friuli Venezia Giulia”, n° 13/1996 (numero monografico dedicato alla P4C).

Santi M., Ragionare con il discorso Il pensiero argomentativi nelle discussioni in classe, Firenze, 1995, La Nuova Italia.

 

Risorse in rete

 

Montesarchio P., Discutendo si impara in “Scuola italiana moderna”, n° 15/2005 pagg. 13-16 in

http://www.edscuola.it/archivio/ped/filosofia_e_bambini.htm.

Sito del Centro di ricerca per l’insegnamento filosofico (CRIF), http://www.sophia.unical.it/crif.

Sito del Centro interdisciplinare di ricerca educativa sul pensiero di Rovigo (CIREP), http://www.libero.it/cirep.

Sito “Philosophy for Children”, http://www.filosofare.org.

La pagina dl sito Web italiano per la filosofia (SWIF) dedicato al progetto P4C, http://lgxserver.uniba.it/lei/scuola/children.htm.

Atti del convegno di Frattamaggiore (NA), 22 giugno 2005, in rivista Digitale della didattica, http://rivistadidattica.com.


 

(1) Si parla di “filosofia per bambini” quando si utilizzano per la discussione libri scritti appositamente per i bambini e quando ci si prefigge lo scopo insegnare la filosofia, si usa l’espressione “filosofia con i bambini” nel caso in cui  si utilizzino idee filosofiche per migliorare l’apprendimento di tutte le materie del curricolo.

(2) Striano M., La filosofia come educazione del pensiero Una conversazione pedagogica con Matthew Lipman, “Scuola e città”, n° 1/2000, reperibile in rete all’indirizzo http://www.sophia.unical.it/crif/P4C/intervista.htm.

(3) Il prisma dei perché, (adattamento e cura di A. Cosentino), Napoli, 2004, Liguori.
Sharp A. M., Oscanyan F. S., Lipman M., Il prisma dei perché. L’indagine filosofica. Manuale, (tr. e adattamento a cura di A. Cosentino), Napoli, 2004, Liguori.

(4) Http://cens.montclair.edu/academic/iapc/

(5) In Italia le scuole che praticano il curriculum il X Circolo Didattico di Scampia a Secondigliano (NA), il II Circolo Didattico di Cesana, il Circolo Didattico di Monastir (CA), gli Istituti Comprensivi di Fagagna (UD), di Pontedera (PI), “R. Leone” di Ginosa M. (TA), le Scuole Elementari di Montoro Inferiore (AV), di Scalea (CS), “G. Pascoli” di Rovigo, di Rometta Marea (ME), “Don Gnocchi” di Schio, le Scuole Medie di Scalea (CS) e “G. Massari” di Bari (informazioni prese da Gold, sito nazionale, http://gold.indire.it).

(6) Sharp A. M., L’ospedale delle bambole, (adattamento e cura di M. Striano), Napoli, 1999, Liguori.

(7) Traiamo le righe che seguono dalla recensione di Ernesto Bianchi nel Sito Web Italiano per la filosofia (SWIF) 23 gennaio 2000, http://lgxserver.uniba.it/recensioni/crono/2000-03/lipman.

(8) M. Lipman afferma in un’intervista “Penso che Philosophy for Children sia un metodo per introdurre la filosofia di Dewey nella pratica educativa. In questo senso, "va oltre" Dewey, che era profondamente deluso dagli sforzi di sviluppare la sua filosofia fatti quanto era ancora in vita.”, in Striano M., La filosofia come educazione del pensiero Una conversazione pedagogica con Matthew Lipman, cit.

(9) Lipman M., Elfie, (adattamento e cura di M. Striano), Napoli, 1999, Liguori.
Lipman M., Gazzard A., Elfie. Manuale. Mettiamo insieme i pensieri, (adattamento cura e tr. di M. Striano), Napoli, 2000,Liguori.

(10) Lipman M., Kio e Gus, (adattamento e cura di M. Santi, tr. di P. Pizzi), Napoli, 1999, Liguori.

(11) Lipman M., Pixie, (adattamento, cura e tr. di A. Cosentino), Napoli, 1999, Liguori.
Lipman M., Pixie. Manuale. Alla ricerca dei significati, (adattamento, cura e tr. di A. Cosentino), Napoli, 2000, Liguori.

(12) Lipman M., Mark, (tr. di L. Masini, adattamento di S. Bellagamba), Napoli, 2004, Liguori.
Sharp A., Lipman M., Mark.
Manuale. L’indagine sociale, Napoli, 2004, Liguori.

(13) Ricorrere ai testi filosofici è possibile anche con bambini: riferisce Pina Montesarchio al Convegno di Frattamaggiore (NA) la sua esperienza presso il II Circolo Didattico di quella città: “La mia idea di ricorrere ai Dialoghi di Platone, come testi/pretesti, perchè i bambini abbiano a interrogarsi su questioni di senso e di significato, muove dalla convinzione che, riflettendo sui dialoghi platonici - su quel dialogo continuo, quella ripartizione dei concetti a varie voci - si scopre la necessità di non assumere ciò che proviene dall'esterno passivamente, ma di rimetterlo in questione, discuterlo e offrirlo all'altro affinché manifesti il suo assenso o il suo dissenso, attraverso un logos che è vita, un logos che è «dia-logo», un logos che circola, che non ristagna negli angusti spazi del potere, dei mezzi che controllano, distribuiscono e amministrano il linguaggio. La voce platonica è una voce spezzata, incrinata da quella di centinaia di interlocutori dei dialoghi, che propongono la loro verità, che manifestano le loro idee, le loro prospettive, i loro punti di vista rispetto alla realtà. Platone scrivendo dialoghi, espose un logos spezzato, e, in fondo, questo rappresentava anche la scoperta della soggettività, la scoperta dell'individualità. Sento che questi bambini di un quartiere degradato tradiscono ogni giorno quella che è la loro intima, profonda vocazione”. (reperibile in http://www.rivistadidattica.com).